La parola trauma deriva dal greco e significa danneggiare, ledere. Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita. Esistono i “piccoli traumi” o “t”, ovvero quelle esperienze soggettivamente disturbanti che sono caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intensa. Si possono includere in questa categoria eventi come un’umiliazione subita o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l’infanzia. Accanto a questi traumi di piccola entità si collocano i traumi “T”, ovvero tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. A questa categoria appartengono eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti, ecc.
Non tutti gli eventi traumatici della vita portano allo sviluppo di un Disturbo Post Traumatico da Stress. È comune infatti che gli eventi traumatici provochino naturalmente una forma di disagio psicologico ma, in molti casi (circa nel 70-80% dei casi), questi sintomi tendono a risolversi spontaneamente con il passare del tempo.
Quando però questi sintomi non si risolvono, si presentano in modo molto intenso per un periodo prolungato (il DSM-5, definisce 1 mese come periodo minimo per poter fare diagnosi di DPTS) allora siamo di fronte ad un disturbo e come tale va riconosciuto e affrontato.
Il Disturbo Post Traumatico da Stress
Il disturbo da stress post-traumatico (DTPS) è un disturbo presente nel Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-5) nel capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress.
Per poter far diagnosi di disturbo da stress post-traumatico il DSM-5 propone alcuni criteri che guidano il clinico nell’iter diagnostico. I criteri riguardano sia adulti, sia adolescenti che bambini sopra i 6 anni. Sotto i 6 anni i criteri diagnostici cambiano.
I criteri del DSM-5 per il disturbo da stress post-traumatico sono:
A. Essere esposti ad un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale in uno dei seguenti modi:
- Avere fatto una esperienza traumatica diretta
- Avere assistito ad una esperienza traumatica qualcun altro
- Essere venuto a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un familiare o ad un amico
- Essere esposti più volte o in modo estremo a dettagli sgradevoli di un evento traumatico (questo criterio non si applica ad eventi o dettagli conosciuti attraverso televisioni, giornali o altro media.
B. La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi:
- Ricorrenti, involontarie ed intrusive memorie disturbanti dell’evento traumatico
- Ricorrenti incubi in cui il contenuto è legato al trauma
- Reazioni dissociative (come i flashback) che portano il soggetto a sentire e comportarsi come se stessero rivivendo il trauma
- Stati intensi e prolungati di disagio psicologico che si attivano da stimoli interni o esterni (ad esempio sentendo un particolare odore) che sono collegate al trauma
- Reazioni fisiologiche marcate che si attivano da stimoli interni o esterni collegati al trauma.
C. Evitamento costante di stimoli associati agli eventi traumatici. Tale evitamento deve essere iniziato a seguito dell’evento traumatico e può essere di due tipo:
- Evitamento o sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico.
- Evitamento o sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico e che scatenano pensieri, ricordi e sensazioni sgradevoli.
D. Alterazioni nel pensiero o nell’umore che iniziano o peggiorano a seguito dell’evento traumatico. Per soddisfare il criterio sono necessari almeno due sintomi tra questi indicati:
- Incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma.
- Pensieri e credenze esageratamente negative e persistenti che riguardano se stessi, gli altri e il mondo.
- Persistenti cognizioni distorte sulle cause e le conseguenze dell’evento traumatico che portano l’individuo ad incolparsi dell’accaduto.
- Uno stato emotivo negativo persistente (ad es. costante sensazione di colpa, vergogna, ansia, terrore)
- Marcata diminuzione di interessi e partecipazione alle attività quotidiane
- Sensazione di distacco o straniamento dagli altri.
- Persistente incapacità a sentire emozioni positive
E. Marcate alterazioni nell’arousal e nella reattività associati all’evento traumatico che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico. Sono necessari almeno due dei seguenti sintomi:
- Umore irritabile e scatti di rabbia espressi con aggressioni verbali o fisiche verso oggetti o persone
- Comportamenti spericolati o auto-distruttivi
- Ipervigilanza
- Reazioni di trasalimento esagerate
- Problemi di concentrazione
- Disturbi del sonno
F. Tutti i criteri (A, B, C, D ed E) devono essere presenti da almeno un mese.
G. Il disturbo deve causare un significativo disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo in altre importanti aree del funzionamento.
H. Il disturbo non è attribuibile all’uso di sostanze o farmaci o altra condizione medica.
Il trattamento del disturbo post traumatico da stress richiede un intervento psicoterapeutico, che faciliti l’elaborazione del trauma fino alla scomparsa dei sintomi d’ansia.
Per l’elaborazione del trauma si è rivelato inoltre particolarmente utile l’approccio psicoterapeutico Eye Movement Desensitization and Reprocessing – EMDR, tecnica specifica di alta efficacia dimostrata per il DPTS.
DPTS e Trauma Complesso
La diagnosi di Trauma Complesso non è attualmente riconosciuta dal DSM-5, ma è al centro di un dibattito scientifico e culturale che rende la sua definizione ancora oggi controversa. La letteratura scientifica da anni si sta occupando di approfondire gli effetti a lungo termine dell’abuso, del maltrattamento e della trascuratezza nell’infanzia, sulla salute mentale e sull’organizzazione di personalità dell’adulto. Il tentativo è anche di differenziarlo, attraverso i sintomi, dal DPTS, che è legato all’esposizione ad un singolo evento di minaccia alla vita.
La traumatizzazione cronica invece ha i sintomi più pervasivi e invalidanti, legati all’essere stati esposti a molti eventi traumatici nell’infanzia o nell’arco della vita adulta; in questo secondo caso si parla in clinica di “trauma cumulativo” (Briere e Spinazzola, 2005; Cloitre e Al., 2009).
Questo tipo di esperienze traumatiche, che possono dare origine al Disturbo da Trauma Cumulativo, riguarda prevalentemente traumi interpersonali come l’abuso fisico e/o sessuale, l’abuso emotivo e il neglect, la violenza assistita e la separazione precoce, l’abbandono o il deterioramento della relazione primaria (a causa di malattie, droghe o detenzione) del caregiver.
Sono causa di traumatizzazione cronica anche esperienze di tortura, guerra, prigionia o migrazione forzata e in generale tutte le condizioni in cui lo stato di minaccia alla vita per se stessi o per i propri familiari resta attivo per un tempo prolungato, impedendo all’individuo ogni forma di protezione o difesa. Gli esiti psicopatologici di questo tipo di esperienze avverse, sono più complessi e pervasivi ed includono solo in parte i sintomi del Disturbo da Stress Post Traumatico, ad oggi unica diagnosi riconosciuta ufficialmente.
Le risposte secondarie e associate al trauma
Secondo Carlson (2005) esistono risposte secondarie e associate al trauma, ossia quelle risposte non causate direttamente dall’esperienza traumatica, bensì dai problemi di ripetizione dell’esperienza e di evitamento (r. secondarie), e dall’ambiente sociale o altre circostanze che accompagnano o seguono il trauma (r. associate). Questi sintomi sono molto influenzati dalle percezioni soggettive individuali riguardo all’evento traumatico e alle sue circostanze; i più comuni sono:
- Depressione: la convinzione di non poter controllare ciò che influisce sulla propria vita può portare alla depressione. Quando una persona subisce circostanze negative e dolorose senza poterle controllare, impara che i suoi tentativi di proteggersi da ciò che le può nuocere non sono utili, e così smette di provare a fare qualcosa per il proprio bene. Inoltre, la componente cognitiva dell’impotenza appresa è un fattore critico per l’insorgenza e il perdurare della depressione. A volte le persone che hanno subito un trauma continuano a sentirsi impotenti anche se hanno già riacquisito da tempo un certo controllo;
- Abuso di sostanze, a cui la persona può ricorrere “come a una cura o per controllare i sintomi intrusivi o l’eccesso di attivazione”;
- Malattie fisiche, che possono essere sintomi secondari in quanto: lo stress cronico può sfociare nella malattia, per es. in seguito ad un’attivazione fisiologica eccessiva e/o cronica; lo stress connesso ai traumi può indebolire la funzione immunitaria; l’esperienza traumatica può indurre la persona a comportamenti più pericolosi;
- Calo di autostima conseguente, per es., alle difficoltà lavorative e sociali dovute a sintomi d’ansia e depressivi;
- Disturbi dell’identità, per es. confusione circa la propria identità, sensazione di essere in balia di una forza esterna, confusione riguardo ai propri desideri o scopi personali. I problemi di identità possono essere provocati anche dai sintomi dissociativi di depersonalizzazione e amnesia: la persona può sentirsi “irreale, distaccata da sé o priva di controllo sul proprio comportamento, che “combinati con l’incapacità di rievocare certi aspetti dell’esperienza traumatica, possono interferire con la percezione di sé e la memoria autobiografica;
- Comportamenti aggressivi, che possono essere un sintomo secondario al senso di frustrazione per i sintomi traumatici primari o una risposta associata al trauma derivante da esperienze di apprendimento sociale, condizionamento classico o operante;
- Relazioni interpersonali problematiche, in seguito a sintomi quali paura, rabbia, comportamenti aggressivi, appiattimento affettivo, evitamento sociale;
- Senso di colpa e la vergogna, per es. la persona traumatizzata si sente responsabile del male subito da altri al momento del trauma o per il fatto di essere sopravvissuta quando altri invece sono morti; a volte si vergogna di come si è comportata al momento del trauma (Carlson 2005).
Bibliografia e fonti:
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th. Edition (DSM-5). Washington, DC.: American Psychiatric Association.
Carlson E.B. e Dalenberg C.J. (2005). Un modello concettuale per gli effetti delle esperienze traumatiche. Cognitivismo Clinico, 2(2), 142-170.
Cloitre M, Stolbach BC, Herman JL, van der Kolk B, Pynoos R, Wang J, Petkova E. (2009). A developmental approach to complex PTSD: childhood and adult cumulative trauma as predictors of symptom complexity. J Trauma Stress. 2009 Oct;22(5):399-408. doi: 10.1002/jts.20444. Epub 2009 Sep 30.
John Briere, Joseph Spinazzola (2005). Phenomenology and Psychological Assessment of Complex Posttraumatic States.
https://www.stateofmind.it/tag/ptsd-disturbo-post-traumatico-da-stress-post-traumatic-stress-disorder/
Il trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo post-traumatico da Stress