Spesso le persone che si affidano ad uno psicologo chiedono non voler più sentire l’ansia, perché fa star male e, in alcuni casi, inibisce la vita di tutti i giorni.
E’ necessario, però, chiarire che l’ansia è una reazione fisiologica che si attiva in modo naturale e automatico di fronte a tutto ciò che identifichiamo come pericolo, sia consapevolmente che inconsapevolmente.
Una delle ipotesi più scientificamente fondate, che descrive il ruolo dell’ansia, è quella “evoluzionistica”, che rappresenta l’ansia come una risposta automatica di “attacco o fuga”.
Nel corso della nostra evoluzione tale meccanismo ha permesso alla specie umana di reagire prontamente ai pericoli (un tempo più concreti e quindi consapevoli (bestie feroci, fuoco, condizioni climatiche particolari) senza sprecare tempo prezioso in elaborazioni cognitive particolarmente approfondite o energia in altri processi fisiologici (ad esempio la digestione). Se ci si trovava di fronte al pericolo di essere sbranati da un lupo, si aveva solo il tempo di decidere se fosse possibile fuggire oppure se non restasse che attaccare. Il corpo rispondeva automaticamente preparandosi ad entrambe le possibilità in pochissimi secondi.
Quando si percepisce una situazione come pericolosa, il cervello da avvio, ancor prima di qualsiasi azione, a cambiamenti fisiologici prodotti dal rilascio di adrenalina, come ad esempio l’aumento della frequenza respiratoria e cardiaca,il dirottamento del sangue ai muscoli, al viso e alle mani, aumenta la sudorazione, il sistema immunitario rallenta, ecc.
Nella società moderna è sempre meno necessario sopravvivere ad un lupo e l’ansia può essere attivata da pericoli fisici (ad esempio evitare di essere investiti da un tram!) o psico-sociali, come la paura delle conseguenze di un esame non passato o di fare una brutta figura.
L’ansia, ha rappresentato uno dei meccanismi più protettivi per la specie umana, ma oggi è più spesso vista come un problema o un peso da togliersi.
In realtà, come si è visto, l’ansia, a certi livelli, non rappresenta un problema ma, al contrario, è necessaria per ottenere migliori performance in caso di attività che richiedano impegno, concentrazione e attenzione, come nel caso, per esempio, di un colloquio di lavoro o di un esame da sostenere.
Quindi, un pizzico d’ansia in situazioni di attivazione non fa male. E’ l’ansia eccessiva, anche quella che non sfocia in un attacco di panico, che finisce per compromettere ogni tipo di performance poiché la persona è concentrata sui sintomi dell’ansia, sente l’esigenza di fuggire e sbaglia più facilmente.
Che cosa rende l’ansia “patologica”?
I fattori che possono spiegare i disturbi d’ansia sono molteplici. Tra il 30 e il 50% delle cause possono essere genetiche, ma altri fattori possono contribuire all’insorgere dell’ansia sono esperienze infantili precoci (come la perdita di un genitore, standard elevati, ipercriticismo e iperprotezione), eventi stressanti, aspettative irrealistiche verso se stessi o verso gli altri, relazioni inpterpersonali complesse o conflittuali, abuso di alcol o droghe e caffeina.
Chi prova ansia si focalizza su cose che ritiene personalmente rilevanti per le proprie preoccupazioni. A seconda della propria personalità, ci si può preoccupare di essere rifiutati, di compiere errori, di non riuscire ad avere successo, di ammalarsi o di essere abbandonati. Inoltre, quando si è ansiosi si possono evitare situazioni che possono generare ansia o cercare di compensare mantenendo un eccessivo controllo, preoccupandosi eccessivamente di essere approvati o di essere perfetti. Queste preoccupazioni soggettive e il personale stile di gestione delle problematiche possono rendere alcuni individui più vulnerabili all’ansia.
Ciò che caratterizza i disturbi d’ansia e che trasforma l’ansia in un problema è che l’attivazione fisiologica che si innesca di fronte alla percezione di pericolo: diviene essa stessa oggetto di una valutazione soggettiva catastrofica (ad es: “Quest’ansia mi ucciderà o mi farà diventare pazzo perché è incontrollabile”), trasformandosi in minaccia, creando così il circolo vizioso della “paura della paura”. Si attiva, quindi, un meccanismo di difesa nei confronti di questa emozione quando non si hanno conoscenze sufficienti relativamente la propria attivazione ansiosa, ritenendola “pericolosa” e in grado di danneggiarci poiché incapaci di gestirla in modo funzionale.
Quali sono i principali disturbi d’ansia?
I disturbi clinici in cui l’ansia svolge un ruolo centrale sono:
Disturbo da Attacchi di Panico: un attacco di panico corrisponde a un periodo preciso durante il quale vi l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, sbandamento o vertigine, senso di instabilità, sentimenti di irrealtà, parestesie, vampate di calore o sensazioni di freddo, sudorazione, senso di svenimento e paura di “impazzire” o di perdere il controllo. Gli attacchi di solito durano pochi minuti, più raramente ore.
Agorafobia: la caratteristica essenziale è una intensa paura di essere soli o di trovarsi in luoghi pubblici dai quali, nel caso di un improvviso malore, la fuga può essere difficile o l’aiuto non disponibile. Le attività normali vengono sempre più ridotte man mano che le paure o i comportamenti di evitamento dominano la vita dell’individuo. Le situazioni più comunemente evitate includono l’essere nella folla, per esempio in una strada, o in un negozio affollato, oppure il trovarsi in tunnel, sui ponti, sugli ascensori o su un mezzo pubblico. Spesso queste persone, ogni qual volta escono di casa, insistono per essere accompagnati da un membro della famiglia o da un amico. Il Disturbo da Attacchi di Panico spesso si manifesta in concomitanza con l’Agorafobia.
Fobia Specifica: è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o a una situazione temuti, che spesso determina condotte di evitamento. Possono riguardare gli animali, gli ambienti naturali (temporali, altezze, acqua, ecc.), sangue infezioni o ferite, oppure possono riguardare specifiche situazioni (trasporti pubblici, ascensori, guidare, prendere l’aereo, luoghi chiusi, ecc.).
Ansia Sociale: è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a certi tipi di situazioni o di prestazioni sociali, che spesso determinano condotte di evitamento. La persona teme ed evita attivamente situazioni sociali in cui potrebbe mostrarsi inadeguato ed essere esposto al giudizio negativo degli altri.
Disturbo D’Ansia Generalizzato: è caratterizzato da almeno 6 mesi di ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive. In questi casi la preoccupazione può estendersi a macchia d’olio su tutto senza più concentrarsi su aspetti particolari. Il soggetto vive costantemente in un mondo che giudica imprevedibile e pericoloso mentre si sperimenta incapace di fronteggiarlo.
Disturbo d’Ansia da Separazione: l’evento temuto è il distacco dalle persone care senza le quali ci si reputa assolutamente non in grado di affrontare l’esistenza e delle quali dunque si ritiene d’avere infinito bisogno: l’idea di debolezza di sé che lo sostiene è evidente, ed il soggetto ritiene di non poter sopportare la tristezza ed il dolore della separazione. E’ più frequente nei bambini e in alcuni casi si risolve da sola col passare del tempo.
Il trattamento
La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi d’ansia è risultata essere la più efficace per tali disturbi. Consiste in diverse tecniche di trattamento, che si focalizzano sul modificare pensieri e comportamenti maladattivi. Il lavoro terapeutico è efficace sia durante le sessioni di terapia sia come parte di un proprio compito di auto-aiuto, infatti, istruisce su svariate tecniche utili a diminuire l’ansia.
A seconda del tipo di disturbi, tra il 70 e l’80% delle persone con problemi d’ansia hanno un netto miglioramento con la terapia cognitivo-comportamentale.
Questo tipo di trattamento richiede una regolare presenza durante la terapia e la volontà di svolgere compiti di auto-aiuto assegnati, che possono essere molto efficaci nell’aiutare a gestire l’ansia. I compiti di auto-aiuto (homework) sono costruiti individualmente in modo da andare incontro alle peculiari difficoltà delle persone per riuscire ad affrontare il disturbo nel modo più consono.
Bibliografia:
Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimugino, controllo ed evitamento. A cura di S.Sassaroli, R. Lorenzini, G.M. Ruggiero, 2006, Raffaello Cortina Editore
Elementi di Psicoterapia cognitiva II edizione. A cura di C. Perdighe e F. Mancini., 2010, Giovanni Fioriti Editore.
Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. A.Wells, 1999, McGraw-Hill Companies.
Storia, teorie e tecniche della psicoterapia cognitiva. A. Semerari, 2006, Laterza Editore.