La vergogna è un’emozione che comporta la compromissione dello scopo di preservare una buona immagine di sé agli altri o a se stessi e, di conseguenza, del mantenimento della propria autostima. Essa rappresenta il timore o il dispiacere di non riuscire a conservare la propria buona immagine positiva agli occhi degli altri.
Di che cosa ci vergogniamo?
Ci si può vergognare di qualsiasi cosa: qualsiasi evento o azione può portare gli altri o noi stessi a valutarci negativamente. Proprio per questo si può concludere che alla base della vergogna ci sia una consapevolezza costante dei nostri difetti. Quando quest’emozione si manifesta frequentemente nella vita interiore di una persona, può causare molta sofferenza e limitarne la vita quotidiana; in questi casi può essere utile affrontarla con il supporto di uno psicologo clinico.
La vergogna si declina in 3 aspetti: chi si vergogna, qualcosa di cui ci si vergogna (di se stessi, di situazioni o di altre persone), qualcun altro di fronte a cui ci si vergogna.
Accanto alla vergogna ci sono spesso pensieri carichi di giudizio negativo riguardo se stessi, come ad esempio:
- pensieri di indesiderabilità
- pensieri di debolezza personale
- pensieri di incompetenza
Quindi la vergogna è spesso accompagnata da previsioni terribili, dubbi nelle proprie capacità di fronteggiare gli eventi, attenzione selettiva agli aspetti negativi degli eventi, dichiarazioni negative del comportamento altrui, e regole rigide su come le persone dovrebbero comportarsi.
Perché arrossiamo quando ci vergognamo?
La vergogna è solitamente associata a due reazioni espressive: il rossore e una postura china, in cui si tende ad abbassare la testa, a guardare in basso e ad evitare lo sguardo degli altri. Questi sono segnali comunicativi della vergogna.
Le persone arrossiscono in diverse situazioni: minacce all’identità pubblica, la lode e le altre forme di attenzione positiva, lo sforzo fisico, la rabbia e l’imbarazzo in generale, ma anche durante un esame critico o a causa della focalizzazione degli altri sul proprio rossore. Tale segnale espressivo si manifesta anche in connessione con il pudore e la timidezza, che trovano il loro nucleo emozionale nella vergogna. La differenziazione di questi stati emotivi consiste nell’osservazione che la vergogna implica il timore di una valutazione negativa, mentre la timidezza e il pudore hanno il semplice scopo di evitare di esporsi alla valutazione (Castelfranchi e Poggi, 1988).
Invece, la postura e lo sguardo basso possono mostrare di non voler fronteggiare o resistere, ma piuttosto di cercare comprensione e indulgenza da parte degli altri.
L’individuo, tramite questi segnali, si scuserebbe della propria inadeguatezza e per aver violato una norma o un’aspettativa condivisa, riaffermando così la sua condivisione dei valori del gruppo e il suo diritto ad appartenervi.
Bibiografia
“Che figura”, Castelfranchi, 2005. Edizione il Mulino.