La teoria dei tre cervelli

La teoria dei tre cervelli

MacLean (1985) ha descritto il concetto di cervello trino, secondo l’autore il nostro cervello può essere suddiviso in tre livelli: il “cervello rettiliano”, il “cervello paleomammaliano” o “sistema limbico” e la “neocorteccia” o “cervello cognitivo”.

Il CERVELLO RETTILIANO è stato il primo a svilupparsi ed è deputato alla sopravvivenza in modo istintivo; produce la conoscenza comportamentale innata, cioè la tendenza a compiere azioni istintive con lo scopo di rispondere a bisogni primitivi di sopravvivenza, come l’esplorazione, la ricerca del cibo, la dominanza di rango e la sessualità.

Il CERVELLO LIMBICO o EMOTIVO è presente in tutti i mammiferi e controlla la memoria, le emozioni e alcuni comportamenti sociali e di apprendimento. È quindi legato alla conoscenza affettiva, cioè ai sentimenti soggettivi, le reazioni emotive e le emozioni sociali come l’ansia da separazione, il gioco e l’attenzione materna.

La NEOCORTECCIA o CERVELLO COGNITIVO è il cervello più “moderno”, svolge attività come risolvere problemi, prendere decisioni, riflettere, permette di concentrarsi, mettere in pratica l’autocontrollo e regolare il comportamento sociale. È la sede delle funzioni di apprendimento, linguaggio e memoria. Può anche essere definito come il cervello “razionale”.

Ma i tre livelli del cervello non sempre lavorano bene insieme. Nel periodo successivo a un trauma, l’integrazione dell’elaborazione dell’informazione a livello cognitivo, emotivo e sensomotorio (istintivo) risulta spesso compromessa. Ad esempio, una persona che ha subito un’aggressione, alla sola visione di un individuo fisicamente simile al proprio aggressore potrebbe avere un aumento della frequenza cardiaca, sudorazione e percepire un istinto a fuggire, interpretando queste reazioni sensomotorie come un segnale di non sicurezza. La sola percezione di pericolo, poi, potrebbe aumentare il battito cardiaco, creare tensione alle gambe e tremori e potrebbe far generare un altro pensiero “devo fuggire, sono in pericolo!”, alimentando le emozioni di paura e terrore. Queste emozioni e sensazioni corporee però non sono legate al reale pericolo attuale ma sono una rievocazione di ciò che la persona ha vissuto nel passato a causa della sua esperienza traumatica di aggressione, e compromettono la capacità di valutare in maniera accurata la realtà corrente.

Il processo di elaborazione terapeutico, mediante tecniche sensomotorie o di elaborazione traumatica come l’EMDR, permette un miglior dialogo tra questi tre livelli.

 

Bibliografia:

MacLean PD (1985). Evolutionary psychiatry and the triune brain. Psychol Med. 15:219 –221.

Ogden, P., Minton, K., Pain, C. (2006). Il trauma e il corpo. Manuale di psicoterapia sensomotoria. Tr.it. Istituto di Scienze Cognitive Editore, Sassari 2012.