La mente regola il comportamento per raggiungere degli scopi. Gli scopi sono il sistema motivazionale dell’individuo, orientano il comportamento. Alcuni tra i più frequenti scopi che motivano il nostro agire sono: la stima (auto ed etero), l’immagine di sé, essere amati/protetti, avere degli affetti, gli scopi esistenziali/etici (ovvero “che tipo di persona voglio essere”).
Nella vita, spesso, può capitare che il raggiungimento di tali scopi venga minacciato o che vi sia un decadimento/impossibilità nel perseguimento causando un peggioramento del benessere psicologico. Per tale motivo, in situazioni di sofferenza e maggiore vulnerabilità, vi è la tendenza a trasformare i propri scopi in “negativo”, ad esempio “che tipo di vita/persona non devo avere/essere” piuttosto che “mi piacerebbe avere una vita così/essere in tal modo”. Tale visione critica e negativa non è funzionale per il benessere perché spesso definita in termini vaghi e non quantificabili. Non è più semplice formulare degli scopi in positivo piuttosto che fare un elenco immenso di cose che non vorremmo avere o essere?
Lo scopo consente di aumentare la capacità predittiva del soggetto: valgono di più se permettono più predizioni quindi maggior conoscenza, padronanza, controllo. Ed è per questo che tendiamo a scegliere scopi che valgono, che hanno un’elevata probabilità euristica, e siano perseguibili, ovvero con elevata possibilità di riuscita. Inoltre, valutiamo e giudichiamo le cose in base ai nostri scopi: questa cosa mi aiuta o mi allontana dal raggiungimento del mio scopo? Se mi aiuta è “buona”, altrimenti è “cattiva”.
In tutto ciò, emozioni e credenze giocano un ruolo fondamentale. Le emozioni ci tengono informati sul successo/fallimento attuale e/o previsto nel raggiungimento dei nostri scopi. La sofferenza nasce dal fallimento (vero o ipotizzato) dei nostri scopi. Le credenze, invece, sono delle costruzioni della realtà, delle mappe che mi permettono di raggiungere gli scopi. Generano previsioni e guidano il comportamento, il cui risultato positivo o negativo modifica le credenze stesse.
La crescita della conoscenza avviene per congetture e confutazioni (Popper): l’invalidazione è il motore del sistema cognitivo. Spesso, la sofferenza nasce da un’invalidazione che provoca una “rottura” nel sistema cognitivo: le mappe e le spiegazioni che finora ho usato saltano, non valgono più, ed io vado in crisi perché non riesco ad andare oltre, a superare questa rottura, non tornano più i conti.
Le credenze resistono al cambiamento quanto più sono centrali e certe. Ci remano contro e per tale motivo è importante comprendere quanto influenzino il nostro modo di pensare e, di conseguenza, la nostra vita. Mettere in discussione tutto ciò che fino ad ora è stata una certezza, anche se disfunzionale, fa paura. Ma se fino ad ora il nostro modo di pensare, le credenze e gli scopi che ci siamo prefissi non ci hanno aiutato a vivere bene, perché continuare a mantenerli?
Il blocco nel cambiamento deriva, quindi, dalle credenze che sono alla base sia della gerarchia di scopi sia della scelta delle strategie per ottenere quegli scopi. La sofferenza può essere eliminata modificando le strategie di perseguimento di tali scopi, rinunciando ad essi o modificandoli.
Bibliografia
“La mente prigioniera” di Lorenzini e Sassaroli – Raffaello Cortina Editore – 2000.
“Fondamenti di cognitivismo clinico” di Cristiano Castelfranchi, Francesco Mancini, Maria Miceli – Bollati Boringhieri – 2002.